Cane fa cadere un ciclista: padrone condannato nonostante l’animale fosse affidato a familiari

Assolutamente irrilevante, secondo i giudici, il fatto che, in occasione dell’impatto contro la bici, l’animale sia fuoriuscito dall’abitazione delle persone cui era stato affidato

Cane fa cadere un ciclista: padrone condannato nonostante l’animale fosse affidato a familiari

Cane a spasso liberamente in una zona pubblica: la sua corsa e il successivo impatto con un velocipede provocano la caduta di un ciclista. Sacrosanta la condanna del padrone del

quadrupede. Irrilevante che l’animale fosse affidato in quei frangenti ai genitori del suo padrone.
Questa la prospettiva tracciata dai giudici (sentenza numero 20949 del 5 giugno 2025 della Cassazione) a chiusura del contenzioso relativo ad un episodio verificatosi nella provincia siciliana.
Il fattaccio è facilmente ricostruibile: un cane riesce ad ‘evadere’ da una casa privata – quella dei genitori del suo padrone –, si fionda in strada e con la propria corsa provoca la caduta di un uomo che sta tranquillamente andando in bici.
Inevitabili le lesioni per il ciclista. Inevitabile anche lo strascico giudiziario per il padrone del quadrupede. E così, sia in primo che in secondo grado, l’uomo – Simone, nome di fantasia – sotto processo si ritrova condannato per il reato di lesioni personali colpose, a lui addebitabili a fronte della condotta del suo cane, che, non tenuto sotto adeguata custodia, ha potuto circolare liberamente, e senza guinzaglio, in zona pubblica e ha finito così per impattare contro la bicicletta.
Questa visione viene censurata in Cassazione dalla difesa del padrone del cane. Nello specifico, il legale sostiene sia stata erroneamente attribuita una posizione di garanzia, rispetto al quadrupede, a Simone, e ciò in forza della sola ritenuta titolarità del diritto di proprietà sul cane, nonostante il possesso dell’animale da parte dei genitori di Simone. Non a caso, in occasione dello scontro col ciclista, il cane si era allontanato dalla casa dei genitori del suo padrone, annota il legale.
Per i magistrati di Cassazione, però, le obiezioni difensive non sono assolutamente sufficienti per porre in dubbio la responsabilità attribuita all’uomo sotto processo.
Su questo fronte, difatti, va esclusa, secondo quanto appurato tra primo e secondo grado, l’esistenza di una relazione di fatto e di diritto, presunta come esclusiva, tra i genitori di Simone e il cane, mentre è accertata la relazione di fatto e di diritto tra Simone e l’animale, relazione certificata anche da quanto dichiarato in ospedale da Simone al ciclista e confermato dalla madre di Simone.
Di conseguenza, una volta appurato il rapporto di fatto e di diritto tra Simone e il cane, è assolutamente irrilevante, secondo i giudici, il fatto che, in occasione dell’impatto contro la bici, il quadrupede sia fuoriuscito dall’abitazione dei genitori di Simone. A questo proposito, per fare chiarezza è illuminante il richiamo al principio secondo cui l’obbligo di custodia dell’animale sorge ogni qualvolta sussista una relazione di semplice detenzione, anche solo materiale e di fatto tra l’animale e una data persona, non essendo necessario l’accertamento di un rapporto di proprietà in senso civilistico.
Per quanto concerne, poi, la posizione di garanzia assunta dal proprietario di un cane, essa impone l’obbligo di adottare le cautele necessarie a prevenire le prevedibili azioni e reazioni dell’animale, e perciò il proprietario del cane risponde a titolo di colpa delle lesioni cagionate a terzi dallo stesso animale, anche qualora ne abbia affidato la custodia a persona inidonea a controllarlo.
Privo di valore, quindi, il richiamo difensivo all’affidamento dell’animale ai genitori di Simone.

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