Problemi di approvvigionamento in un appartamento: legittimo il “no” dell’assemblea all’autoclave
Il singolo condòmino non è titolare verso il condominio di un diritto di natura sinallagmatica relativo al buon funzionamento degli impianti condominiali
Problemi di approvvigionamento idrico per il singolo appartamento: impossibile per il condòmino imporre al condominio il ricorso ad una autoclave. Questa la prospettiva adottata dai giudici (sentenza del 20 ottobre 2025 del Tribunale di Castrovillari) per chiudere il contenzioso sorto in uno stabile in quel di Castrovillari.
In generale, comunque, non si tratta, osservano i giudici, di impedire il godimento individuale di un bene comune, bensì di non dar luogo ad un servizio la cui attivazione o prosecuzione non può essere imposta dal singolo partecipante per il solo fatto di essere comproprietario delle cose comuni.
A fronte, quindi, di una richiesta mirata all’installazione dell’autoclave, richiesta avanzata dal condòmino perché, a suo dire, l’impianto idrico condominiale non è assolutamente sufficiente a garantire alla sua unità abitativa, nei mesi estivi e nelle ore di punta (o comunque quando vi è un contemporaneo utilizzo di acqua da parte degli altri condòmini o quando la pressione della condotta idrica comunale è bassa o, addirittura, il servizio pubblico di erogazione del tutto assente), un costante e regolare flusso d’acqua che soddisfi il normale fabbisogno giornaliero suo e dei suoi familiari, i giudici ritengono legittima la risposta negativa fornita dall’assemblea, anche alla luce delle carenze sia di informazioni dettagliate sia di specificazioni tecniche idonee a concretizzare l’installazione dell’opera, utili anche per contemperare i potenziali benefici del singolo condòmino con i costi da sostenersi e i diritti degli altri condòmini, con riferimento ad esempio alla collocazione e alla insonorizzazione del locale.
Inutile anche la sottolineatura, da parte del condòmino, che la mancanza totale o parziale di acqua potabile proprio nella stagione più calda è causa di intuibili gravi disagi per tutti gli occupanti dell’immobile, e, in particolar modo, per lui, soggetto con patologie invalidanti.
Per i giudici non si può ignorare un dato fondamentale: il singolo condòmino non è titolare verso il condominio di un diritto di natura sinallagmatica relativo al buon funzionamento degli impianti condominiali, che possa essere esercitato mediante un’azione di condanna della stessa gestione condominiale all’adempimento corretto della relativa prestazione contrattuale, trovando causa l’uso dell’impianto che ciascun partecipante vanta nel rapporto di comproprietà delineato dal Codice Civile.
Ne consegue che il condòmino non può richiedere la condanna del condominio ad un facere, potendo al più avanzare verso il condominio una pretesa risarcitoria nel caso di colpevole omissione nel provvedere alla riparazione o all’adeguamento dell’impianto o del bene.
Comunque, non si tratta, nella vicenda in esame, neppure di impedire il godimento individuale di un bene comune, ma di non dar luogo ad un servizio la cui attivazione (o la cui prosecuzione) non può essere imposta dal singolo partecipante per il solo fatto di essere comproprietario delle cose comuni.